Briciole di spiritualita’
Risorgerà dunque la carne. Identica, completa e integra. Ovunque essa sia, è depositata presso Dio dal fedelissimo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, che renderà Dio all’uomo e l’uomo a Dio, lo spirito alla carne e la carne allo spirito: entrambi egli li ha già uniti nella sua Persona … Quello che tu consideri uno sterminio, è una semplice partenza. Non solo l’anima si allontana, ma anche la carne si ritira frattanto: nell’acqua, nel fuoco, negli abissi, nelle fiere. Quando sembra così dissolversi, viene quasi trasfusa in vasi. Se poi anche i vasi vengono meno, perché si dissolvono e vengono riassorbiti nelle tortuosità della terra loro madre, da questa verrà di nuovo formato Adamo, il quale udrà da Dio le parole: Ecco, Adamo è diventato come uno di noi (Gen 3.22). Allora sarà veramente conscio del male che ha sfuggito e del bene in cui è confluito. Perché, anima, senti astio per la carne? Nessuno ti è tanto prossimo da dover più amare, dopo Dio; nessuno ti è più fratello, perché anche con te essa nasce in Dio.
Tertulliano, La resurrezione 63
Mi abbracciò la Vita che non muore e mi baciò: il suo Spirito è in me e io non posso più morire perché è Spirito di Vita.
Odi di Salomone
Dio si manifesta esclusivamente come Dio di qualcuno. Non è Dio del cielo, non è Dio del Paese, non è Dio dell’istituzione regale, bensì Dio di un arameo errante: cioè di un uomo che non ha patria e dovunque è straniero. Quest’uomo è così caro a Dio, che Dio in un certo senso prende il suo nome; infatti, che cosa significa Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe (gli aramei erranti), se non che Dio ha un nome soltanto in riferimento a coloro che egli ama?
L’elezione e l’alleanza sono già contenute nel nome con cui Dio, nel roveto ardente, si manifesta a Mosè: tutta l’intimità che il Dio ‘vicino’ offrirà continuamente ad Israele nei secoli della sua storia biblica, attraverso la predicazione dei profeti, è già racchiusa in questo nome. Esso indica la scelta irrevocabile che Dio ha compiuto di essere con noi, e di esserlo al cospetto del mondo.
P. De Benedetti, Ciò che tarda … pp. 52-3
La Chiesa è umana e divina, un dono che scende a noi dall’alto e che viene su dal basso. È fatta di uomini. E gli uomini, con tutto il peso di una natura pesante e ferita, oppongono resistenza alla Vita che la Chiesa stessa si sforza di far penetrare in loro. È rivolta verso il passato, tutta raccolta in un ‘memoriale’ che sa che non potrà mai essere superato, e nello stesso tempo è protesa verso l’avvenire (…)
Non cessa mai un istante … di contemplare colui che è ad un tempo il crocifisso e il risorto, l’uomo dei dolori e il Signore della gloria, il vinto dal mondo e il salvatore del mondo, il cuore infinitamente aperto e sempre immensamente segreto, da cui ha ricevuto l’esistenza e donde essa attinge, a ogni istante della sua storia, la vita che vuole comunicare a tutti.
H. de Lubac, Paradosso e mistero … pp. 11-13
Chi conosce i propri peccati è più grande di chi con la preghiera risuscita i morti … Chi piange un’ora su se stesso è più grande di chi istruisce il mondo intero. Chi conosce la propria debolezza è più grande di chi vede gli angeli. Chi segue Cristo nella solitudine e nella contrizione è più grande di chi gode del favore delle folle nelle chiese.
Isacco Siro, Discorso 34
Tu non potrai passare per la via stretta e difficile se non avrai abbandonato l’ingombro delle ricchezze.
Basilio di Cesarea, Om. 7,9
Imitiamo l’umiltà di Zaccheo, che non ha temuto di esporsi al ridicolo arrampicandosi, lui “capo dei pubblicani e ricco”, su un sicomoro; approfittiamo di tutte le umiliazioni per “salire” e così vedere Gesù e sentirci dire da lui: “Devo fermarmi a casa tua”.
A. Vanhoye, Il pane quotidiano …, p. 817
“A casa tua” è una grande parola di cui noi forse non comprendiamo tutto il significato: vengo a casa tua, nella casa del capo dei pubblicani, vengo ospite: tra tutte le case di Gerico ho scelto la tua, la casa più odiata, più malvista, ho scelto la casa tua.
G. Lercaro, Omelie domestiche 3/B, p. 211
La parola di Dio è l’origine di ogni gioia, e il cammino dei suoi testimoni è pieno di tale gioia, poiché è il cammino che Dio stesso ha percorso e percorre con noi.
D. Bonhoeffer, Gli scritti, p. 610
… Gesù non esita a sollevare lo sguardo, un atteggiamento non ovvio. Zaccheo era abituato ad atteggiamenti opposti: volti che si inasprivano al suo passaggio, occhi che guardavano dall’altra parte, sguardi che lo rifuggivano, e quei pochi che gli si avvicinavano per un attimo in modo normale, si colmavano di sentimenti di odio e di condanna. Con quale raffinatezza gli si faceva sentire che era scomunicato dal popolo di Dio … L’atteggiamento di Gesù è completamente diverso, così come lo è anche il suo sguardo. Gesù lo posa e lo fissa su Zaccheo. Quest’ultimo, in un primo momento, ne è rimasto sorpreso e turbato. Lo sguardo di Gesù assomiglia così poco a quelli che egli incrocia ogni giorno, o piuttosto che ormai non incrocia più da molto tempo, tanto male gli fanno gli sguardi che lo feriscono, anche se sa di averli meritati. Ma lo sguardo di Gesù non condanna, non fulmina. Accoglie …
A. Louf, Beata debolezza – C p. 201
Cerchiamo di essere ricchi, ci spaventi l’essere poveri. A Colui che veramente ricco chiediamo di colmare i nostri cuori con le sue ricchezze. Ciascuno di voi se, rientrando in se stesso, non troverà questa abbondanza spirituale, bussi alla porta del Ricco. Bussi come un mendicante pieno di fiducia e diventerà un ricco pieno di gioia. Sì, fratelli miei: dinanzi alla porta del Signore nostro Dio noi dobbiamo bussare e confessare la nostra povertà e la nostra indigenza … (Il pubblicano) conosceva la propria miseria e conosceva anche l’inesauribile ricchezza del Signore. Avvertiva la propria sete e sapeva anche di essere vicino alla sorgente … Ve lo garantisco: se pensava e pregava così, vuol dire che sotto un certo aspetto era già ricco. Avesse avuto dentro di sé nient’altro che povertà, da dove avrebbe estratto le pietre preziose della sua umile confessione?
Agostino, in P.L. 38,116
Perdono mio Dio; perdono di tutte le mie infedeltà di ogni giorno! Perdono perché sono così pigro nell’alzarmi; perché Ti prego così male e non Ti faccio visite abbastanza frequenti nel Santissimo Sacramento. Perdono per la premura eccessiva che metto nei lavori materiali; perché dedico troppo tempo al lavoro e non abbastanza alla preghiera, perché sono goloso. Perdono, Dio mio, perché mi comporto così male, con tanta trascuratezza, sia in chiesa sia altrove, pur sapendo di essere sempre alla Tua presenza! Perdono perché penso a quello che si dirà di me, e perché provo gusto della stima degli uomini! Perdono di tutto questo orgoglio! Perdono perché amo così poco la croce, la fuggo tanto, la desidero così poco, ho così poco desiderio di soffrire e di essere disprezzato per Te! Perdono di tutto questo e di tutto il resto!
C. de Foucauld, Meditazioni sui Salmi … 20
Oh, come dobbiamo invocare il Signore perché doni all’anima il santo Spirito d’umiltà. L’anima umile ha una grande pace, mentre l’anima superba si tormenta da se stessa. L’orgoglioso non conosce l’amore di Dio e si trova lontano da Dio. Si insuperbisce perché è ricco, sapiente o famoso, ma ignora le profondità della sua povertà perché non ha conosciuto Dio. A chi invece combatte contro la superbia il Signore viene in aiuto, perché trionfi su questa passione.
Silvano dell’Athos, Ho sete di Dio p. 39
Il dono della parola è stato fatto all’umanità perché ci capissimo tra noi, amico mio, non per confonderci. Quanto sarebbe stato più facile se invece di diffondere storie che dividevano i popoli in questo mondo, avessimo imparato a parlare il linguaggio del cuore, comprendendo che tutti stiamo cercando le stesse risposte. Sergio Bambarén
Ho dato un pane a un povero. Credevo d’essere stato caritatevole; invece era giustizia, perché io ho tanto pane e lui ha fame. Ho guidato un cieco per un tratto di strada. Mi sentivo buono; invece era giustizia,
perché io ci vedo e lui no. Ho regalato un abito usato ad una povera anziana. Credevo d’essere stato altruista; invece era convenienza: gliel’ho dato per disfarmene, a me non serviva più. Ho gridato a un giovane di andare a lavorare invece di chiedere l’elemosina. Credevo di dargli una lezione; invece era ingiustizia:
aveva bisogno di lavoro e di rispetto. Mi sento un buon cristiano, con la coscienza a posto. Vado a Messa, recito qualche preghiera, non faccio del male a nessuno;
invece sono egoista e ipocrita. Perché al Signore, che mi dona ogni istante di vita,
riservo solo le briciole della mia giornata, e ai miei fratelli riservo le briciole dell’amore che Egli mi dona…
Che cosa Dio potrà negare a una preghiera che nasce dallo Spirito e dalla Verità, come lui la vuole?…Solo la preghiera vince Dio; ma Cristo non volle che operasse alcun male, le diede solo la virtù di fare il bene. Perciò non sa far altro che richiamare i defunti dal cammino della morte, rinforzare i deboli, restaurare i malati, liberare gli indemoniati, aprire le carceri, sciogliere le catene degli innocenti. E’ la preghiera che cancella i delitti, allontana le tentazioni, pone fine alle persecuzioni, consola i pusillanimi, dà gioia ai forti, guida i pellegrini, doma le tempeste, blocca i ladri, nutre i poveri, consiglia i ricchi, rialza coloro che sono caduti, sostiene quelli che stanno per cadere, consolida quelli che stanno in piedi. Tertulliano, La preghiera 28-29
Giunga a Te la mia preghiera che guizza come saetta dal desiderio che nutro per i Tuoi beni eterni. Io la innalzo al Tuo orecchio: aiutala, affinché Ti raggiunga e non venga meno a metà della sua corsa, né ricada a terra o vada perduta. Anche se per ora non mi vedo arrivare i beni che chiedo, sono tranquillo, perché so che verranno più tardi. Io gridavo anche di notte e Tu non mi esaudivi: ma anche questi Tuoi dinieghi nell’esaudirmi non erano per confondermi, ma per rendermi più saggio: perché io capissi ciò che Ti avrei dovuto chiedere.
Agostino, Esp. sui salmi 53.5
Pregare sempre senza stancarsi è il motivo per cui Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi, userà quell’altro avverbio: incessantemente. Incessantemente vuol dire: senza smettere mai. Uno può interpretare, in qualche modo umanamente, che cosa voglia dire “senza smettere mai”, ma è evidente che vuole dire l’urgenza e la necessita assoluta della preghiera nella vita del discepolo. Questo lo si capisce, perché al centro dell’attesa della speranza del discepolo c’è il regno di Dio…
La preghiera fa questo, la preghiera dispone a ricevere il Regno di Dio, la sovranità di Dio nella nostra vita. “Padre fa venire il tuo Regno”: preghiamo! S’intende: fallo venire non in genere o dappertutto, ma nella nostra vita fa venire il tuo regno, vieni a regnare sopra di noi… Si capisce perché la prima comunità cristiana, che attende il regno, che desidera la venuta del regno, che desidera il dono dello Spirito che rende vicino il Regno di Dio, non possa fare altro che pregare, pregare, pregare.
L. Monari Sulla via di Gesù, pp. 28-9
Nessun uomo in questa massa che viene da Adamo, nessun uomo affatto è esente da malattia, nessuno è guarito senza la grazia di Cristo. (…) Non disperate. Se siete malati, accostatevi a Lui, e fatevi guarire; se siete ciechi, accostatevi a Lui e fatevi illuminare. Se siete sani, ringraziateLo; se siete malati correte a Lui per la guarigione. Dite tutti:Venite, prostrati adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti (Sal 94.6), e uomini, e salvi. (…) Uno solo ringraziò. Gli altri erano tutti Giudei. Quello era uno straniero, simboleggiava i Gentili, e lui, il decimo dei lebbrosi, con quel numero pagò le decime a Cristo. A Lui infatti dobbiamo che esistiamo, che viviamo, che abbiamo intelligenza; se siamo uomini, se siamo buoni, se l’intelligenza è retta, lo dobbiamo a Lui. Di nostro, abbiamo solo i nostri peccati. Che hai che tu non abbia ricevuto? (cf. 1Cor 4.7). Voi dunque, soprattutto voi che capite ciò che udite, sollevate il cuore guarito dalla malattia, purificato dalle tentazioni di novità, e ringraziate Iddio.
Agostino, Disc. 176.2.5
Proprio Lui, il nostro Signore Gesù Cristo, proprio Lui in persona, Lui è il medico totale delle nostre ferite, quel crocifisso che fu schernito, a cui, mentre pendeva dalla croce, i persecutori, scuotendo il capo dicevano: Se è Figlio di Dio, discenda dalla croce; Lui è il nostro medico totale, proprio lui. (…) Ma li sopportò mentre lo schernivano, poiché non si assunse la croce a prova di potenza, ma ad esempio di pazienza. Colà curò le tue ferite, dove sopportò a lungo le Sue; colà ti guarì da una morte perpetua, dove si degnò di morire temporalmente.
Agostino, Su Gv 3.3.21
Chi sa perché è un samaritano il solo dei dieci lebbrosi che, accortosi di essere mondato, torna indietro a ringraziare il Signore? … Chi sa perché è una samaritana che presso il pozzo di Giacobbe, riceve le più alte rivelazioni del cuore di Cristo? Donna credimi, l’ora viene che né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre … Dio è spirito e verità, e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità (Gv 4.22-24). ‘Può forse venire qualcosa di buono da Nazareth?’, dice Natanaele, “un vero israelita in cui non c’è frode”. ‘Che cosa può venire di buono – diciamo noi – da un samaritano?’. Ma da quando il Figliolo di Dio ha preso in mano gli uomini per ricrearli, i termini si sono capovolti. Gli ultimi saranno i primi. Il monopolio del bene è finito. Non vi sono più popoli eletti, nazioni regali, razze privilegiate, caste e classi e uomini superiori. (…). Dio gioca tutte le nostre categorie: incastona il bene nel metallo più vile. La carità in uno sfondo di miserabilità è più somigliante a quella di Dio. In un corpo crocifisso l’amore diventa il sole.
P. Mazzolari, Il Samaritano pp. 89-90
Nella imminenza della Passione Gesù dice ai discepoli: voi tutti tornerete ai vostri affari e mi lascerete solo, ma io non sono solo, perché il Padre è con me (Gv 16.32). Gesù ha dunque consumato il suo sacrificio nella solitudine. Ma è una solitudine accettata, non cercata. E se Gesù la fa notare, è perché si comprenda che nessuna gratitudine che viene dagli uomini può sostituire la compagnia del Padre. Ogni uomo ha nostalgia della gratitudine di Dio, e nessuna gratitudine umana potrà mai diventare la ragione della propria fatica. Ma pur evidenziando, com’è giusto, che la vera gratitudine è quella di Dio, Gesù ha accettato anche la gratitudine degli uomini, sottolineandone il valore. Dei dieci lebbrosi guariti uno solo tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo: era un samaritano (Lc 17.16). Un gesto di gratitudine che Gesù avrebbe desiderato da tutti e dieci: Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? (Lc 17.17).
B. Maggioni, La pazienza del contadino pp. 190-91
Un monaco disse: ‘Ogni volta che provi un senso di superiorità o un moto di vanità, esamina la tua coscienza. Domandati se osservi tutti i comandamenti, se ami i tuoi nemici e piangi per le loro colpe, se ti consideri un servo inutile e il peggior peccatore del mondo. Ma anche dopo questo esame, non ti fare un’idea troppo grande di te, come se tu fossi un perfetto: questo pensiero guasterebbe tutto!’. Un altro monaco disse: “Chi è onorato e lodato più di quanto meriti subisce un gran danno, mentre chi dagli uomini non riceve onori, sarà glorificato in cielo”.
Detti dei Padri del deserto n.165-6
Per molti anni avevo pensato di essere ‘qualcuno’ nella Chiesa. Avevo perfino pensato questo sacro edificio vivente come un tempio sostenuto da molte colonne piccole e grandi, e sotto ogni colonna la spalla di un cristiano. Anche sulle mie pensavo gravasse una seppur piccola colonna. A forza di ripetere che Dio aveva bisogno degli uomini e che la Chiesa aveva bisogno di militanti, vi avevamo creduto. (…) Ora ero là in ginocchio, sulla sabbia della grotta che aveva preso le dimensioni della Chiesa stessa; e sentivo sulle mie spalle la famosa colonnina del militante. Forse era questo il momento di vederci chiaro.
Mi trassi indietro di colpo, come per liberarmi da quel peso. Che cosa avvenne? Tutto rimase al suo posto, immobile. Non una scalfittura nella volta, non uno scricchiolio. Dopo 25 anni mi ero accorto che sulle mie spalle non gravava proprio niente, che la colonnina era falsa, posticcia, irreale, creata dalla mia fantasia, dalla mia vanità. Avevo camminato, corso, parlato, organizzato, lavorato, credendo di sostenere qualcosa; e in realtà avevo sostenuto proprio nulla. Il peso del mondo era tutto su Cristo Crocifisso. Io ero nulla, proprio nulla.
C. Carretto, Lettere dal deserto pp. 26-8
La fede è la tecnica per imparare a servire Dio nel modo giusto. Chi la usa permette a Dio di operare attraverso di lui, e diventa perciò strumento della salvezza di Dio. E siccome Dio vuole la salvezza, chi ha fede introduce con il suo comportamento una forza di salvezza nel mondo. Questo è quel gelso che mette radici nel mare; questa è la montagna che viene strappata al suo suolo: la salvezza di Dio. A proposito di questa ci viene garantita l’onnipotenza. Insomma: la fede, la preghiera sono onnipotenti; ma onnipotenti a far sì che la nostra povera vita venga inserita nel piano di salvezza di Dio e sfugga così all’insignificanza. Non cerchiamo di impadronirci di Dio, ma di donarci a Dio con la gioia di essere accolti da Lui. Sirboni-Monari, Lampada per i miei passi-C pp. 277-8
Quando (Francesco) iniziò ad accorgersi che alcuni frati davano malesempio nella
Religione e che i frati cominciavano ormai a scendere dal vertice della loro professione, stretto nell’intimo del cuore da grande angoscia, un giorno durante l’orazione disse al Signore: “Signore, affido a Te la famiglia che mi hai dato!”.
E subito il Signore gli rispose:“Dimmi, omicciolo semplice e ignorante: perché ti amareggi tanto se qualcuno esce dalla Religione o quando i frati non camminano per la via che ti ho mostrato? Dimmi ancora: chi ha piantato questa Religione di
fratelli? Chi fa convertire un uomo a penitenza? Chi dà la forza di perseverare in
essa? Non sono forse io? Non ti ho prescelto a guidare la mia famiglia perché sei istruito ed eloquente… Ho scelto te, semplice e senza cultura, affinché sappiate, tu e gli altri, che sarò io a vigilare sopra il gregge; e ti ho posto come un segno per loro affinché le opere, che io compio in te, essi debbano discernerle in te e
compierle… E dunque io ti dico: d’ora in poi non contristarti, ma fa’ quello che fai, continua a compiere il tuo lavoro: io ho piantato questa Religione di fratelli in un amoreeterno… e affinché tu sappia come ardentemente io amo la vita e la Religione dei frati, quand’anche non rimanessero che tre frati, ebbene: anche allora sarà la mia Religione e non la abbandonerò in eterno!”.
Fonti Francescane: 1777
Che il povero sia il custode della vostra casa: ti sia muro e baluardo, scudo e lancia. Dove c’è l’elemosina, il diavolo non osa avvicinarsi, come non lo osa nessun altra sventura. (…) Mi obietterai. Ma ci sono molti imbroglioni e ingrati! E perciò otterrai una ricompensa maggiore, se li accogli per il nome di Cristo … Ma come potremo difenderci, quando non accogliamo neppure quelli che conosciamo, ma a tutti chiudiamo la porta? La nostra casa sia l’albergo di Cristo; esigiamo da loro la paga, non però che ci versino denaro, ma che rendano la nostra casa locanda di Cristo; corriamo all’intorno da tutte le parti, tiriamo, portiamo via a forza la nostra preda: è maggiore il beneficio che riceviamo di quello che facciamo.
Giovanni Crisostomo, Om. sugli Atti 54.4
Cerchiamo di essere piccoli; richiediamolo e impariamolo dal nostro grande maestro. Pur essendo tu una nullità, non sarai tu piccolo, dal momento che per te è diventato piccolo Colui che è tanto grande? Impara da Cristo ciò che non impari dall’uomo: in lui risiede la regola dell’umiltà. Chi si avvicina a Lui viene prima formato mediante l’umiltà, perché sia onorato nell’esaltazione.
Agostino, Discorsi 68.9, 11
Facciamo in modo che i poveri vengano con fiducia nella Fraternità. Pur ricevendo con grande amore i ricchi, non stiamo ad aspettarli, non andiamo a cercarli, ma attendiamo i poveri, prepariamo ogni cosa per ben riceverli; procuriamoci il necessario, sia in alloggi che in cibi, per riceverne molti come ospiti. Desideriamo di aver sempre le nostre case piene. Se i nostri ambienti destinati agli ospiti diventano insufficienti, provvediamo subito ad ampliarli. Che questi ambienti siano sempre conformi alla santa povertà e alla santa abiezione della casa di Nazaret, ma che siano anche conformi alla sua carità.
dal Regolamento dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld
Chiesa dei poveri, non solo Chiesa che aiuta i poveri con la sua organizzazione assistenziale. Chiesa dei poveri è Chiesa che si fa povera: Chiesa che condivide l’impotenza dei poveri, Chiesa che riconosce la propria collocazione nell’universo degli esclusi; Chiesa che sceglie, che ha capito che il mondo è diviso in due patrie, la patria degli oppressi e la patria degli oppressori, e che, a imitazione di Cristo, non materialisticamente, ma dal fondo entra nell’universo degli oppressi. Questa è la Chiesa dei poveri, della debolezza, la Chiesa esclusa, la Chiesa dello svuotamento di sé, la quale, soltanto a questa condizione della totale povertà, può annunciare il piano di Dio, quel piano di Dio che Luca presenta come un piano sovversivo. Dice: Dio rovescia i potenti dai troni e esalta gli umili, sazia di beni gli affamati e caccia i ricchi a mani vuote.
L. Rosadoni, Il mestiere di essere vivi p. 173
La regola fondamentale della mensa del Regno è questa: “Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. Il Regno esige che l’uomo rinunci ad ogni pretesa di salvarsi da solo, coi suoi titoli personali. Infatti, chi mi fa ottenere un posto nella comunione con Dio non è la mia giustizia, ma prima di tutto la Sua grazia. È Lui allora a dirmi: “Amico, passa più avanti”.
G. Ravasi, Breviario familiare-C p. 214-5
L’esperienza di un cammino di povertà è un cammino di liberazione, di gioia e di entusiasmo – perché ci unisce intimamente a Cristo – ci fa gustare in maniera imprevista la forza della croce, la sua capacità di rinnovare anche le situazioni più stagnanti, apparentemente più irritanti per il loro immobilismo.
Un po’ di gusto, di attenzione, di impegno per un maggiore esercizio di austerità, di povertà, di penitenza, di rinuncia, è per tutti il momento della scoperta delle pagine del vangelo. Senza questo sforzo, esse rimangono come mute; quando si è compiuto qualche passo, anche semplice, in questo senso, allora le parole di Gesù diventano attuali e risonanti, acquistano rilievo, ci accorgiamo di vivere qualcosa della gioia, dell’entusiasmo dei Dodici che camminavano per le vie della Palestina seguendo Gesù, dopo avergli detto: “Ecco, Maestro, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
C.M. MARTINI, Dizionario spirituale Piccola guida per l’anima, Casale Monf. 1997, 138
“Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia”. Questa beatitudine di Gesù è l’eco di altre due del Salmista: ‘Beato chi si prende cura del misero, perché il Signore lo salverà. Beato chi prova compassione e non nega il suo aiuto”. Appropriatevi, con la violenza dell’amore, di queste beatitudini. La vostra dedizione ai poveri non conosca requie. Non dite: “Torna domani e ti darò quanto chiedi”. Non lasciate passare tempo tra lo slancio del cuore e il gesto. L’amore non tollera indugi. La sollecitudine raddoppi il valore del vostro dono. Dividete il pane con l’affamato, ospitate il senzatetto, e fatelo volentieri. la vostra misericordia sia illuminata dalla gioia. Un dono fatto a malincuore o per forza perde bellezza e merito. Niente facce arcigne coi poveri, ma gioiosa munificenza. Se rompete le catene dell’avarizia, se vi scuotete di dosso il giogo della diffidenza, se smettete di esitare e di mormorare, avrete una magnifica ricompensa: dice infatti Isaia che “la vostra luce eromperà come l’alba e verrà sollecita la vostra guarigione”. (…) Il Signore dell’universo non vuole sacrifici, bensì misericordia, non migliaia di agnelli sgozzati, bensì amore. Presentiamogli il nostro amore sulle mani dei poveri, soccorrendo i poveri. Il giorno in cui lasceremo questo mondo, essi ci accoglieranno nelle tende eterne e là vedremo faccia a faccia Cristo stesso.
Gregorio Nazianzeno in “ Servire i poveri gioiosamente” pp. 104-5ù
La comunità cristiana delle origini ha incontrato la tentazione di servire due padroni, Dio e il denaro, rompendo la totalità dell’appartenenza a Dio, che è un tratto caratteristico del povero del Signore. Nella sua variante più rozza questa tentazione consiste nel crearsi un cuore diviso: incapace di donarsi totalmente al Signore, di fidarsi unicamente di Lui, l’uomo cerca la propria sicurezza nel possesso, illudendosi di servire Dio perché gli offre qualcosa delle sue ricchezze. Nella sua variante più sottile invece consiste nella illusione di accumulare il denaro non per se stesso, ma per la gloria di Dio. Ingenua illusione: anche se non cercato per se stesso il denaro riesce sempre infatti a trasformarsi in padrone. In ogni caso non è questo lo stile del povero del Signore, che conta, appunto, unicamente sul Signore.
B. Maggioni, La pazienza del contadino pp. 161-2
Per essere liberi dalla potenza di Satana, amministratore dei beni, del potere e del successo di questo mondo di cui è il Principe (Lc 4.6-7), occorre essere poveri. Chi vuol seguire e vuole amare il Signore deve odiare e disprezzare l’altro signore: Mammona. Non c’è possibilità di compromesso, perché le ricchezze seducono e rendono maledetti. (…) Non basta neanche abbandonare i beni a casa, ai familiari: ciò rappresenterebbe una riserva di speranza, un non tagliare i ponti e un assicurarsi possibili aiuti in caso di ritorno e di abiura della sequela. Gesù è radicale: occorre chiedere ciò che si possiede o spetta di diritto e venderlo, per non portarselo dietro, distribuendo il ricavato ai poveri.
E. Bianchi, Il radicalismo cristiano pp. 106-7
La santità non si identifica con la stupidità; c’è anzi una scaltrezza che il santo ha imparato bene e che giustifica tante sue scelte impegnative. I figli di questo mondo infatti verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Queste parole esprimono un lamento di Gesù e contengono un suo desiderio: possibile che il Regno di Dio non valga un impegno deciso e radicale? Possibile che l’uomo sappia escogitare le vie più nascoste quando si tratta di far soldi o ottenere successo e che sia invece così imbranato, così fiacco, quando si tratta di conquistare il Regno di Dio?
Sirboni-Monari, Lampada per i miei passi-C p. 266
Dall’amore di Dio nasce l’amore del prossimo e l’amore del prossimo alimenta
l’amore di Dio. Chi trascura di amare Dio, non può amare il prossimo; e invece progrediamo nel più autentico amore di Dio se prima veniamo nutriti nel grembo del Suo amore mediante l’amore verso il prossimo. Poiché l’amore di Dio genera l’amore del prossimo, il Signore che per mezzo della legge avrebbe detto: «Ama il
tuo prossimo» (Lv 19,18), prima disse: <<Ama il Signore tuo Dio» (Dt 6,5); e cioè, prima nel terreno del nostro cuore deve mettere radici il Suo amore perché questo poi germogli attraverso i rami dell’amore fraterno. E che a sua volta l’amore di Dio sia
alimentato dall’amore del prossimo, lo afferma Giovanni, il quale ammonisce: «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1 Gv 4,20). L’amore divino nasce sì per mezzo del timore, ma crescendo si tramuta in affetto.
GREGORIO MAGNO, Commento morale a Giobbe VII, 28
Facciamo in modo che quando il Signore ci guarda nel cuore e negli occhi, non debba voltarsi da un’altra parte, ma si possa compiacere di noi. “Guarda il volto del tuo consacrato», imploriamo con il Sa183. Guardandoci, Dio possa davvero vedere il volto del suo Cristo in noi, possa compiacersi di noi ritrovando sul nostro volto i lineamenti miti e puri del suo Figlio diletto. Il Padre infatti ci riconoscerà alla fine, nel grande giudizio, e ci dirà: «Venite, benedetti … », se in noi potrà vedere l’immagine del suo Figlio, proprio perché in lui ci ha creati di nuovo a sua immagine [ ... ]. «L’ardente amore» che, a detta di san Benedetto, i
monaci devono coltivare si esprime in concreto nell’essere sempre i primi a onorare l’altro, a onorare nell’altro il Signore. Questo atteggiamento nasce dallo spirito di fede. Se non si ha fede, non si arriva a ‘onorare’ il Signore nell’altro: lo si può rispettare, ma il rispetto è meno dell’onore. Onorare l’altro significa mettere se stessi ai suoi piedi, prostrarsi davanti a lui ammirando quel che egli è.
A.M. CÀNOPI, Mansuetudine volto del monaco, Noci 1995,572
Se il gran numero delle misericordie di Dio si potesse contare e la grandezza della pietà di Dio si potesse misurare, di fronte al gran numero e alla grandezza dei peccati davvero dovrebbe regnare la disperazione. Ma poiché questi, per natura loro sono misurabili e numerabili, mentre la pietà di Dio non può essere misurata e le sue misericordie non possono essere contate, non è tempo di disperazione ma di riconoscimento della misericordia e di riprovazione dei peccati: poiché la remissione di questi, come è scritto, è già data nel sangue di Cristo. Che non si debba disperare ci viene insegnato in molti modi e in molti luoghi, ma soprattutto dalla parabola del Nostro Signore Gesù Cristo a proposito del figlio che ha preso i beni del padre e li ha dissipati nei peccati. E impariamo dalle parole stesse del Signore di quale e quanta festa sia stata fatta degna la sua penitenza.
Basilio di Cesarea, Regole brevi qaest. 13
Badate a quello che dice: se l’anima vostra non sarà predisposta alla croce, così come lo fu la mia per voi, non potete essere miei discepoli. Fortunato colui che porta nella sua anima la croce, la resurrezione, il luogo della nascita di Cristo e il luogo della sua Ascensione. (…). Ogni giorno Cristo viene crocifisso per noi: noi veniamo crocifissi al mondo e anche Cristo viene crocifisso in noi. È fortunato colui nel cui cuore Cristo risorge ogni giorno: se ogni giorno fa penitenza per i suoi peccati, anche leggeri. È fortunato colui che ogni giorno dal monte degli Ulivi sale ai Regni dei Cieli dove ci sono gli ulivi rigogliosi del Signore, dove nasce la luce di Cristo, dove ci sono gli uliveti del Signore.
Girolamo, Sul salmo 95 10
….colui che è animato da un desiderio imperioso di seguire il Cristo non può più tener conto di alcunché in questa vita: non dell’affetto dei genitori e degli amici, nel momento in cui esso si oppone ai precetti del Signore, perché è allora che si applicano le parole: Se qualcuno viene a me senza odiare…; né il timore degli uomini allorché esso distoglie dal vero bene, così come hanno giustamente fatto i santi che hanno detto: È meglio obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 5.29); né infine lo scherno con cui i malvagi opprimono i buoni, perché non bisogna lasciarsi vincere dal disprezzo. (…)Praticare la rinuncia è dunque riscattarsi dai legami di questa vita terrestre e passeggera e liberarsi dalle contingenze umane per essere maggiormente in grado di camminare nella strada che conduce a Dio…
Basilio di Cesarea, Regole Ampie qaest. 8
Gesù non è venuto ad accrescere le croci umane, ma piuttosto a dare ad esse un senso.
Raniero Cantalamessa
Gesù ci vuole Suoi discepoli non certo per portarci a rinunciare alla gioia di vivere, ma per scoprire con Lui il cammino che permette di conquistare una pienezza di vita.
Luigi Pozzoli
Così saremo Suoi discepoli e riceveremo da Lui tutta la forza del Suo amore che trasformerà la nostra vita, infondendo in essa la pace e la gioia, e quindi la vera felicità.
Albert Vanhoye
Che il povero sia il custode della vostra casa: ti sia muro e baluardo, scudo e lancia. Dove c’è l’elemosina, il diavolo non osa avvicinarsi, come non lo osa nessun’altra sventura. (…) Mi obietterai: Ma ci sono molti imbroglioni e ingrati! E perciò otterrai una ricompensa maggiore, se li accogli per il nome di Cristo … Ma come potremo difenderci, quando non accogliamo neppure quelli che conosciamo, ma a tutti chiudiamo la porta? La nostra casa sia l’albergo di Cristo; esigiamo da loro la paga, non però che ci versino denaro, ma che rendano la nostra casa locanda di Cristo; corriamo all’intorno da tutte le parti, tiriamo, portiamo via a forza la nostra preda: è maggiore il beneficio che riceviamo di quello che facciamo.
Giovanni Crisostomo, Om. sugliAtti 54.4
Cerchiamo di essere piccoli; richiediamolo e impariamolo dal nostro grande maestro. Pur essendo tu una nullità, non sarai tu piccolo, dal momento che per te è diventato piccolo Colui che è tanto grande? Impara da Cristo ciò che non impari dall’uomo: in lui risiede la regola dell’umiltà. Chi si avvicina a lui viene prima formato mediante l’umiltà, perché sia onorato nell’esaltazione.
Agostino, Discorsi 68.9, 11
Facciamo in modo che i poveri vengano con fiducia nella Fraternità. Pur ricevendo con grande amore i ricchi, non stiamo ad aspettarli, non andiamo a cercarli, ma attendiamo i poveri, prepariamo ogni cosa per ben riceverli; procuriamoci il necessario, sia in alloggi che in cibi, per riceverne molti come ospiti. Desideriamo di aver sempre le nostre case piene. Se i nostri ambienti destinati agli ospiti diventano insufficienti, provvediamo subito ad ampliarli. Che questi ambienti siano sempre conformi alla santa povertà e alla santa abiezione della casa di Nazareth, ma che siano anche conformi alla sua carità.
dal Regolamento dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld
La regola fondamentale della mensa del Regno è questa: “Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. Il Regno esige che l’uomo rinunci ad ogni pretesa di salvarsi da solo, coi suoi titoli personali. Infatti, chi mi fa ottenere un posto nella comunione con Dio non è la mia giustizia, ma prima di tutto la sua grazia. È lui allora a dirmi: “Amico, passa più avanti”.
G. Ravasi, Breviario familiare-C p. 214-5
La prima via è l’umiltà, la seconda l’umiltà, e la terza l’umiltà, e quante volte me lo chiederai tante volte risponderò la stessa cosa.
S. Agostino
Lo sguardo di Dio penetra gli abissi, va di eternità in eternità, ma si posa come colomba sull’umiltà della sua serva (Lc 1,48). Il Signore guarda l’umile (Sal 138, 6). Preferisce il piccolo. Mette in mezzo perché sia al centro degli sguardi un bambino. Ciò che il Signore ha in abominio è l’occhio superbo, «non sopporta l’occhio altero»; davanti a lui il peccato è avere occhi superbi. Questi non sanno guardare; guardano dall’alto in basso, non sono rivelazione e non creano relazione. L’umiltà invece guarda dal basso verso l’alto, come Gesù inginocchiato ai piedi dei discepoli quando lava loro i piedi: l’esatta relazione.
Il peccato dell’occhio superbo è uscire dalla fraternità; con occhio superbo non ti riconosci fratello dei tuoi fratelli, non riconosci Dio come Padre di tutti, per questo al superbo il Signore volge lo sguardo da lontano.
Padre Ermes Ronchi
Vergine, anello d’oro del tempo e dell’eterno,
Tu porti la nostra carne in paradiso e Dio nella nostra carne.
David Maria Turoldo
Maria Santissima,
Regina Assunta in Cielo,
Regina di tutti coloro che anelano di far conoscere l’amore del tuo Figlio:
tu che tanto comprendi la nostra miseria,
chiedi tu perdono per noi, per la nostra vita:
per quello che in noi sarebbe potuto essere fuoco ed è stato cenere;
per la luce che non ha illuminato,
per il sale divenuto insipido.
Madre di Dio, onnipotenza supplice,
ottienici assieme al perdono la forza di vivere veramente di fede e d’amore,
per essere in grado di portare agli altri la fede di Cristo.
Cuore dolcissimo di Maria,
dà forza e sicurezza al nostro cammino, sulla terra:
sii tu stessa il nostro cammino,
perché tu conosci il sentiero più sicuro e diretto che conduce, per amor tuo,
all’amore di Gesù Cristo.
Amen
San Josemaria Escrivà
A Te, Maria, fonte della vita,
si accosta la mia anima assetata.
A Te, tesoro di misericordia,
ricorre con fiducia la mia miseria.
Come sei vicina, anzi intima al Signore!
Egli abita in Te e Tu in Lui.
Nella Tua luce, posso contemplare la luce di Gesù,
sole di giustizia.
Santa Madre di Dio, io confido
nel Tuo tenerissimo e purissimo affetto.
Sii per me mediatrice di grazia presso Gesù,
nostro salvatore.
Egli Ti ha amata sopra tutte le creature,
e Ti ha rivestito di gloria e di bellezza.
Vieni in aiuto a me che sono povero
e fammi attingere alla Tua anfora traboccante di grazia.
S. Bernardo di Chiaravalle
Signore, tu esigi dal tuo servo fedeltà e prudenza. Lo chiami «fedele» perché non si appropria nulla né spreca inutilmente i beni del suo padrone; lo chiami «prudente» perché sa amministrare convenientemente ciò che gli è stato affidato. Rendi anche noi, o Signore, servi fedeli e prudenti, affinché non usurpiamo nulla di quanto ti appartiene e distribuiamo saggiamente i tuoi beni.
S. Giovanni Crisostomo
Noi attendiamo tutto dalla terra, niente dal cielo; tutto dalla vita presente, niente dalla gloria futura e dall’immortalità senza fine. Dimentichiamo le parole del Signore e Salvatore nostro: Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde l’anima sua? (Mt 16.26). E ancora: badate e guardatevi; perché non sta la vita di alcuno nell’abbondanza dei suoi averi (Lc 12.15). Perciò dobbiamo evitare ogni connivenza con l’avarizia e con la cupidigia, con l’invidia, con la discordia e con le dissensioni. Dobbiamo invece ricercare la pace, la concordia, l’unanimità, per poter partecipare alla vita eterna con tanti e tali uomini, di cui si dice: ora la moltitudine dei credenti era un cuor solo e un’anima sola, e avevano tutto in comune (At 4.32). Perciò dobbiamo soccorrere i fratelli e i poveri che soffrono la miseria come se i nostri beni fossero in comune, perché abbiamo in comune un solo Dio e Padre, e un solo Signore, l’unigenito Figlio di Dio, e un solo Spirito Santo, una sola fede, e la grazia di un solo Battesimo, che ci fa rinascere a Dio per la vita eterna.
Cromazio, Disc. 31.4
Della carità è stato detto: non va in cerca dei propri interessi, ma di quelli degli altri (1Cor 13,5; Fil 2,4). Non cerca i propri vantaggi ma cerca la salvezza dei fratelli. Poiché anche costui che prega il Signore di interporsi come arbitro, se avete fatto attenzione, se lo avete capito bene, andava in cerca dei propri interessi, non di quelli altrui. Suo fratello infatti aveva preso per sé tutto il patrimonio e non aveva dato la parte dovuta al fratello. Egli vide il Signore giusto; non poteva trovare un giudice migliore, e gli si rivolse perché facesse da giudice e disse: Signore, dì a mio fratello di spartire con me l’eredità. Che cosa c’è di più giusto? “Si prenda la sua parte e mi dia la mia! Né tutto io, né tutto lui, perché siamo fratelli”. E dire che le stesse sostanze che cercavano di spartire, le avrebbero possedute sempre intere se fossero vissuti d’accordo. Tutto ciò che si divide, diminuisce.
Agostino, Discorsi 107a, 1
Ecco cosa ti dice il tuo Signore: guardati da ogni specie di cupidigia. Guardati dall’acquistare beni terreni e io ti riempirò. Rispondigli e dì: “Di che cosa mi riempirai?”… “Sarò io a riempirti. Tu cerchi che io riempia la tua casa? Ti riempirò io se sarai a casa mia”. Riconosci e ama colui che ti ha creato ed egli ti riempirà, non di qualche cosa, ma di se stesso. Possiederai Dio, sarai pieno di Dio. Questa è la grande ricchezza dell’anima. La ricchezza materiale è superflua, perché il nostro corpo ha bisogno di poco per mantenersi in vita. La ricchezza spirituale non è superflua. Quanto Dio ti darà, quanto ti concederà di spirito di fede, di carità, di giustizia, di castità, tutto quello che ti darà di se stesso, non può essere superfluo. La tua ricchezza interiore è molto importante. Come si chiama? Si chiama Dio. Amico mio, se tu sei povero, non possiedi dunque nulla, se possiedi Iddio? Amico mio, che sei ricco, possiedi dunque qualcosa se non possiedi Dio?
Agostino, Discorsi 107a, 3
L’audacia di utilizzare al meglio tutti i beni di oggi, di non assicurarsi alcun capitale senza paura della povertà possibile, dà una forza incalcolabile. Ma se invece, come Israele, tu riservi per domani il pane venuto dal cielo (cfr Es 16), se tu fai dei progetti per l’avvenire, rischi di sovraccaricare invano i fratelli la cui vocazione è di vivere il momento presente. La povertà non ha virtù in se stessa. Il povero del Vangelo impara a vivere senza sicurezza per il domani, nella fiducia gioiosa che tutto gli sarà donato. Lo spirito di povertà non consistere nel mostrarsi miserabili, ma nel disporre tutto nella bellezza semplice della creazione. Lo spirito di povertà è vivere nella gioia dell’oggi. Se c’è gratuità da parte di Dio nel dispensare i beni della terra, c’è grazia per l’uomo nel donare ciò che ha ricevuto.
Regola di Taizé pp. 57-59
Ricorda, oh uomo, che Dio ti ha amato per primo. Non c’era ancora la luce, non esisteva il mondo, e già Dio ti amava, ti ama da quando esiste. E perché tu lo potessi riamare ha dotato la tua anima di intelligenza, volontà, memoria, ha dotato il tuo corpo dei cinque sensi; ha ornato-arricchito l’universo di tutto ciò che potesse servire al bene, all’utilità, alla felicità di te sua creatura prediletta; e poi per te ha dato il suo Figlio unigenito, e con Gesù ti ha dato tutti i beni.
Sant’Alfonso de’ Liguori
Aiutate le comunità cattoliche a comprendere che conoscere, amare e servire Dio, non è un bisogno psicologico, ma l’espressione della più alta dignità umana.
Giovanni Paolo II
La nostra vita deve essere ispirata ai due comandamenti dell’amore: amare Iddio con tutto il nostro essere, e amare il prossimo come lo ha amato Gesù. Questo è il valore essenziale della nostra vita; tutto il resto deve essere subordinato alla ricerca del progresso nell’amore. In tutto dobbiamo avere come fine principale il progresso dell’amore in noi e attorno a noi. In questo consistono il cercare le cose di lassù e il non lasciarsi ostacolare dalla ricerca delle cose della terra. Se poniamo il nostro fine nella ricerca dei beni materiali, saremo necessariamente delusi, perché questi beni non possono riempire il nostro cuore, se invece cerchiamo la crescita dell’amore in noi e attorno a noi, avremo una gioia profonda, meravigliosa perché sarà una gioia divina.
Albert Vanhoye
Converrebbe esaminare piuttosto a fondo il cosiddetto Antico Testamento semmai vi si può trovare la preghiera di uno che chiami Dio col nome di Padre. Noi almeno per ora, per quanto cercammo, non abbiamo trovato. Non vogliamo dire che Dio non venga chiamato Padre o che coloro i quali si sono accostati alla Parola di Dio non siano chiamati figli di Dio, ma nel senso che nella preghiera non abbiamo in alcun modo trovato quella libertà di parola dimostrata dal Salvatore nel chiamare Dio: Padre. (…) Ora, non crediamo che tali espressioni ci siano state insegnate per dirle soltanto nel momento stabilito della preghiera, ma se intendiamo quanto fu spiegato … a commento di quel pregare senza interruzione (cfr 1Ts 5.17), tutta la vita di noi oranti dica incessantemente: Padre nostro che sei nei cieli, non avendo affatto sulla terra la cittadinanza, ma completamente nei cieli che sono i troni di Dio, perché il Regno di Dio è fondato in tutti coloro che portano l’immagine del Celeste (1Cor 15.49): per questo sono diventati celesti.
Origene, La preghiera 22.1,5
Con quale coraggio chiedi a Dio ciò che rifiuti di concedere agli altri ! Chi desidera ricevere misericordia in cielo deve concederla su questa terra.
S. Cesareo di Arles
Quando dunque il Signore ci prescrive di chiamare nella preghiera Dio ‘Padre’, mi pare che non faccia niente altro che prescriverci il più alto ed elevato modello di vita: la verità infatti non ci insegna a mentire, così da farci dire quello che non siamo e chiamare come nostro quello che non ci è stato dato dalla natura; ma ci ammaestra in modo che chiamando nostro Padre l’incorruttibile, il giusto, il buono, mostriamo una vera parentela con lui, attraverso la rettitudine della nostra vita. Vedi quanta preparazione e qual genere di vita sono necessari per noi?
Quale e quanto zelo di pietà occorre perché innalzata la nostra coscienza a tale livello di fiducia, osiamo dire a Dio che è Padre? Se infatti badi alle ricchezze, se sei occupato negli inganni terreni, o vai in cerca della gloria da parte degli uomini, se sei schiavo delle brame delle passioni e con tutto ciò pronunci con le labbra una tale preghiera, che cosa pensi che dica chi guarda nella nostra vita ed ascolta tale preghiera?
Gregorio di Nissa, La preghiera del Signore 2
Rivolgiti dunque direttamente al Signore: col pregare bussa, chiedi, insisti presso lo stesso Signore col quale riposano i suoi servi. (…) Quando sarai giunto ai tre pani, cioè a cibarti della Trinità e ad intenderla, avrai di che vivere e di che nutrire gli altri. Non devi temere un forestiero che arriva da un viaggio, ma accogliendolo cerca di farne un concittadino, un membro della tua famiglia, senza temere di esaurire i tuoi viveri. Quel pane non avrà fine, ma porrà fine alla tua indigenza. È pane Dio Padre, è pane Dio Figlio, è pane Dio Spirito Santo. Eterno è il Padre, coeterno il Figlio, coeterno lo Spirito Santo. Immutabile è il Padre, immutabile il Figlio, immutabile lo Spirito Santo. È creatore non solo il Padre, ma anche il Figlio e lo Spirito Santo. È pastore e datore di vita non solo il Padre, ma anche il Figlio e lo Spirito Santo. È cibo e pane eterno tanto il Padre che il Figlio che lo Spirito Santo. Impara e insegna: vivi e nutrisci. Dio il quale dà a te, non ti dà di meglio che se stesso. O avaro, che cos’altro di più cercavi? Anche se tu chiedessi qualche altra cosa, come ti basterebbe dal momento che non ti basta Dio?
Agostino Disc. 105.4
Ma Gesù ci ripete: continua a chiedere, perché già il chiedere è una grazia, già il chiedere ti fa figlio, già il chiedere è l’esaudimento; se non trascuri questa preghiera, anche materiale, povera, ripetitiva, diverrai misteriosamente figlio, e riceverai pure il pane per nutrire altri, anche se sei stanco, arido, povero. Non si tratta, in questo brano, di una preghiera facile, tranquilla, gioiosa, che nutre, ma di una preghiera sofferta. Tuttavia è attraverso di essa che Dio ci dona il vero pane, cioè la consapevolezza della nostra condizione filiale, il dono di vivere abbandonati al Padre, con la certezza che egli non ci lascerà mai soli.
C.M. Martini, Briciole dalla tavola della Parola p. 43
Gesù ci invita a pregare con perseveranza, per rafforzare la nostra relazione filiale con il Padre celeste. Egli possiede questa relazione in modo perfetto, ma vuole che anche noi entriamo in una relazione sempre più fiduciosa, affettuosa con il Padre celeste.
Albert Vanhoye
Dio ti ama. Gli interessi personalmente, continuamente, appassionatamente, prova la tua gioia in te. Gli sei necessario, il tuo cuore lo rallegra, la tua indifferenza lo stupisce, la tua amarezza lo strazia. Vuole con te una relazione continua. Se non credi a questo, se non ti senti sollevato da questa certezza significa che non hai capito che Dio è Padre.
Louis Evely
Pregare come respirare può sembrare un modo di dire, ma se uno volesse andare alla radice del suo essere e si chiedesse: “Qual è il momento in cui il mio essere comincia ad articolare la preghiera?”, la risposta biblicamente esatta sarebbe questa: “Lo stesso istante in cui respiro”. Respirare è invocare la vita: respirare è il dono che Dio ci fa minuto per minuto da quella prima volta che ci ha creati. Questa è la nostra preghiera essenziale: si prega come si respira.
P. Antonio Maria Sicari
Dobbiamo desiderare intensamente che il nome di Dio sia conosciuto, venerato e amato da tutti gli uomini, così che il mondo possa essere trasformato. Infatti, non c’è nulla di più valido per trasformare il mondo, dell’amore verso Dio.
Albert Vanhoye
Sento che quanto più il fuoco dell’amore brucerà il mio cuore, tanto più dirò: attirami, e anche le anime che mi verranno vicino (povero pezzetto di ferro inutile se mi allontanassi dal braciere divino) correranno con maggiore velocità all’odore dei profumi del loro diletto; poiché un’anima infiammata d’amore non può rimanere inattiva. Alla stessa stregua di Maria, essa sta ai piedi di Gesù, né ascolta la parola dolce e infuocata; pur sembrando nulla dare, dà molto di più di Marta che si preoccupa di molte cose e vorrebbe che la sorella la imitasse.
Santa Teresina del Bambin Gesù
Una sola cosa è necessaria: e il beato Davide, definendo quest’unica cosa necessaria all’uomo, desidera stare strettamente attaccato a Dio, dicendo: Il mio bene è stare vicino a Dio, nel Signore ho posto la mia speranza; e altrove: Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la volontà del Signore e visitare il suo tempio santo. L’unica e sola cosa dunque è la contemplazione di Dio, di cui a ragione si considerano inferiori tutti i meriti della giustizia e tutti gli sforzi della virtù.
(…) La vita attiva termina col corpo. Chi infatti darà il pane all’affamato nella patria eterna, dove nessuno ha fame? Chi darà da bere all’assetato, dove nessuno ha sete? Chi seppellirà i morti dove nessuno muore? Insieme al mondo presente dunque viene tolta la vita attiva, mentre quella contemplativa comincia qui per compiersi nella patria celeste, poiché il fuoco dell’amore che comincia a bruciare qui si accende ancora di più nell’amore quando ha contemplato la persona colui che ama.
Beda, Comm. a Lc 3
Il primo servizio che si deve al prossimo è quello di ascoltarlo. Come l’amore di Dio incomincia con l’ascoltare la sua Parola, così l’inizio dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo. (…) Chi non sa ascoltare il fratello, ben presto non saprà ascoltare neppure Dio; anche di fronte a Dio sarà sempre lui a parlare. Qui ha inizio la morte della vita spirituale, ed infine non restano altro che le chiacchiere spirituali, la condiscendenza fratesca che soffoca in tante belle parole pie.
Chi non sa ascoltare a lungo e con pazienza parlerà senza toccare veramente l’altro ed infine non se ne accorgerà nemmeno più. Chi crede che il suo tempo è troppo prezioso per essere perso ad ascoltare il prossimo, non avrà mai veramente tempo per Dio e per il fratello, ma sempre e solo ,per se stesso, per le sue parole e per i suoi progetti.
D. Bonhoeffer, La vita comune pp. 124-5
Quando l’anima conosce il Signore nostro Gesù Cristo, non vuole più guardare le cose della terra. Ho visto re terreni nella loro gloria, e ciò mi ha molto colpito. Ma quando l’anima conosce il Signore, tiene in poco conto tutta la gloria dei re. L’anima allora ha continuamente sete di Dio, e insaziabilmente, giorno e notte, brama di vedere l’Invisibile, di toccare l’Inafferrabile. Lo Spirito Santo, se la tua anima lo conosce, ti concederà di toccare con mano come egli rivela all’anima il Signore, e quanto dolce è questa esperienza.
Silvano dell’Athos, Ho sete di Dio p. 14
Gesù non contraddice il servizio, ma l’affanno; non il desiderio, ma la dispersione dei desideri. Bisogna passare dall’affanno di ciò che devo fare per Lui, allo stupore di ciò che lui fa per me; passare da Dio come dovere, a Dio come desiderio. Gesù, cultore dell’amicizia, non cerca servitori, ma amici; non cerca delle persone che facciano delle cose per Lui, ma gente che si lasci fare da Lui.
P. Ermes Ronchi
E il primato di Dio, del suo Regno, è il tesoro nascosto nel campo, è l aver messo Dio al primo posto. Tutto il resto allora si armonizza tranquillamente, si trova il tempo, le occasioni giuste, si trova la pace per agire.
Card. C. M. Martini
Sant Agostino fa dire da Gesù a Maria: Tu navighi, essa è in porto. Siamo fatti per amare Dio con tutto il cuore. Il resto è tutto e solo a questo fine. Alla fine non resterà che la parte di Maria, l’ottima, perché è Dio stesso accolto dall’uomo. Maria ne ha l’anticipo, per questo la sua parte non le sarà tolta.
Silvano Fausti
Maria sembra che non dia nulla, ma dà molto più di Marta che si agita per tante cose. Tutti i santi l’hanno compreso e forse in particolar modo quelli che portarono nel mondo la luce della dottrina evangelica. Non è forse nell’orazione che i santi Paolo, Agostino, Giovanni della Croce, Tommaso d’Aquino, Francesco, Domenico e tanti altri famosi amici di Dio hanno attinto quella scienza
divina che stupisce i più grandi geni?
S. Teresa di Gesù Bambino
Non abbiamo da fare molte cose; abbiamo solo da ricevere e ascoltare:
Colui che viene.
Card. A. Ballestrero
L’una ristorava la parte visibile, ma l’altra rendeva servizio all’invisibile. Infatti non per questo scopo siamo venuti, sdraiarci su letti, nutrire il ventre…, ma siamo qui per pascerci con la parola di verità e la contemplazione dei divini misteri. Gesù in verità non disse a quella di smettere quanto aveva intrapreso; ma lodò questa per la sua attenzione. Allora, stammi bene a sentire: per mezzo di due donne si intende parlare di due stati di vita, l’uno però inferiore, perché riguarda più il servizio corporale (quantunque molto utile anch’esso), l’altro migliore perché, innalzandosi alla contemplazione dei misteri, è più spirituale. Tu che mi ascolti, intendi queste cose nel senso spirituale e scegli delle due quella che vuoi.
Basilio di Cesarea
Nella parola di Gesù il contrasto è posto non tra l’attività di Marta e la staticità di Maria, ma tra le ‘molte cose’ e ‘l’una sola’ di cui c’è bisogno. Si richiama la priorità, la necessità e l’importanza dell’incontro con il Cristo e l’obbedienza alla Sua voce. La generosità di Marta, invece di avvicinarla al Signore, la allontana perché si concentra, in qualche modo, sul gesto anziché sulla persona a cui esso è rivolto; nelle parole di Marta, alla fine, conta solo il servizio di cui Gesù stesso si dovrebbe preoccupare. Ella confonde il Signore con le cose da fare per Lui.
Enrico Masseroni
Gesù vuole insegnarci che discepolo autentico del Vangelo è solo colui che prima sa porsi ai piedi del Maestro per ascoltarne il messaggio da attuarsi poi nella pratica.Settimio Cipriani
Noi abbiamo sempre bisogno di accogliere Gesù, di accogliere la Sua Parola, di accogliere la carità del Suo cuore; dobbiamo avere la preoccupazione di ascoltare il Signore, di accoglierlo nel nostro cuore; questo è il modo giusto di accogliere il Signore.
Albert Vanhoye
Accade dunque che sulla stessa strada discendessero prima un sacerdote, poi un levita, che magari avevano fatto del bene ad altre persone, ma non lo fecero a costui che era disceso da Gerusalemme a Gerico. Il sacerdote, che secondo me raffigura la Legge, lo vede; e ugualmente lo vede il levita, il quale, io credo, rappresenta i profeti. Tutti e due lo vedono, ma passano oltre e lo abbandonano là. Ma la provvidenza riservava quest’uomo mezzo morto alle cure di colui che rea più forte della legge e dei profeti, cioè del Samaritano, il cui nome significa ‘Guardiano’. Questi è colui che non sonnecchia né dorme vegliando su Israele (Sal 121.4). È per soccorrere l’uomo mezzo morto che questo samaritano si è messo in cammino; egli non discende da Gerusalemme a Gerico, come il sacerdote e il levita, o piuttosto, se discende, discende per salvare il moribondo e vegliare su di lui. A lui i Giudei hanno detto: Tu sei un samaritano e un posseduto dal demonio (Gv 8.48); e Gesù, mentre ha negato di essere posseduto dal demonio, non ha voluto negare di essere samaritano, in quanto sapeva di essere buon guardiano.
Origene, Comm. a Luca 34.5
Dunque questo samaritano discende – e chi è che discende dal cielo se non colui che è salito al cielo, il Figlio dell’Uomo che è nel cielo (Gv 3.13)?- e vedendo quell’uomo mezzo morto che nessuno sino allora aveva potuto guarire… si avvicinò a lui; cioè, accettando di soffrire come noi, si è fatto nostro prossimo, ed esercitando la sua misericordia, ci si è fatto vicino. (…) Poiché dunque nessuno ci è più prossimo di colui che ha guarito le nostre ferite, amiamolo come Signore, e amiamolo anche come prossimo: niente infatti è così prossimo come il capo alle membra. Amiamo anche colui che è imitatore di Cristo: amiamo colui che soffre per la povertà altrui, a motivo dell’unità del corpo. Non è la parentela che ci fa l’un l’altro prossimi, , ma la misericordia, poiché la misericordia è conforme alla natura: non c’è niente infatti di più conforme alla natura che aiutare chi con noi partecipa della stessa natura. Ambrogio, Comm. a Luca 7.74, 84
L’amore che io porto al Signore mio Gesù Cristo, quale vero Dio, mi spinge ad ubbidire a tutte le sue parole, oltre che a produrre in me un’altra fiamma di amore, cioè l’amore del mio prossimo. Gesù ha detto:“Amate il prossimo come voi stessi”: ed io mi sforzo di amare il prossimo come me stesso; ed è per questo che ho dedicata la mia misera vita a bene del mio prossimo, per quanto meschinamente posso. Gesù disse: Date a chiunque vi domanda, e ciò che farete al più misero lo farete a Me stesso: ed io cerco di non negarmi con nessuno, e nella persona del povero venero la persona di Gesù Cristo. Gesù benedisse i fanciulli, e li amò di tenero amore, e disse: Non disprezzate nessuno di questi bambini, poiché i loro Angeli contemplano continuamente la faccia di Dio, Ed io per questo amo assai i bambini e mi sforzo di salvarli.
S. Annibale M. Di Francia
La parola ‘prossimo’ indica l’uomo per se stesso, così com’è, non per qualcosa di aggiunto alla sua realtà. L’uomo in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso.
Gaudium et Spes
Gesù chiede anche a noi di avere un cuore aperto a tutti. Egli, che è presente dappertutto come Figlio di Dio e che ha salvato tutti, ci chiede di aiutarLo a far giungere la sua grazia a tutti gli uomini, con grande generosità, restando uniti a Lui e spinti dalla sua carità.
Albert Vanhoye
“Va’ e anche tu fa’ lo stesso”: questa proposta riassume una storia e una esperienza di amore infinito, tuttora in atto: la storia di Cristo che per tutti noi si è fatto buon samaritano.
Settimio Cipriani
Egli è il buon samaritano che è sempre pronto a curvarsi sulle nostre ferite con gesti di grande tenerezza e di dolcissima pietà.
Luigi Pozzoli
“Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Lo sapeva san Martino che aveva dato metà del suo mantello al povero Ambiano e di notte sognò Gesù che gli diceva: “Martino ancora catecumeno mi ha rivestito del suo mantello”. Lo sapeva sant’Alfonso Rodriguez, portinaio in una casa di gesuiti nell’isola di Maiorca. Un giorno bussò alla sua porta Gesù stesso: “Alfonso tu mi tratti sempre bene quando arrivo alla tua porta, anch’io ti tratterò bene quando arriverai alla porta del paradiso”. Lo sapeva Madre Teresa di Calcutta. A lei un povero che ella aveva lavato, gli aveva ridato per così dire la sua fisionomia umana, disse “ma perché fai questo?”. Ed essa rispose in modo semplice “per amor di Dio”. E quel povero colpito da ciò disse: “Allora Dio c’è”.
|
L’altro é un fratello per mezzo del quale Dio ci parla, per mezzo del quale Dio ci aiuta e ci consola, Dio ci ama e ci salva.
L’altro – ogni altro – é un fratello da amare.
Egli é in cammino con noi verso la casa del Padre.
L’altro é Gesù.
Il buon pastore non ha paura dei lupi per il suo gregge: e perciò i discepoli non sono inviati per divenire preda dei lupi, ma per diffondere la grazia; la sollecitudine del buon pastore fa sì infatti che i lupi non possano osare niente contro gli agnelli. Egli manda gli agnelli tra i lupi affinché si realizzi quanto sta scritto: Allora lupi e agnelli pascoleranno insieme (Is 65.25)
Ambrogio, Comm. a Luca 7.46
Che cos’è una borsa? È denaro racchiuso, cioè sapienza nascosta. Che significa: Non portate la borsa? Non siate sapienti ai vostri occhi. Accogli lo Spirito: deve essere in te una sorgente, non una borsa; una ricchezza da cui si possa prenderne per farne dono, non per tenerla rinchiusa. (…) Chi saluta per la via, saluta occasionalmente, perché non si dirige verso colui che egli saluta. Stava compiendo una faccenda e si imbatte in un’altra. Era diretto a compiere una faccenda e incidentalmente trovò altro da fare. Che significa dunque “salutare occasionalmente”? Annunciare la salvezza occasionalmente. Ma cos’altro significa “annunciare la salvezza”, se non “predicare il Vangelo”? Se dunque predichi, fallo per amore, e non occasionalmente. Ci sono infatti degli individui che annunciano il vangelo cercando uno scopo diverso; di questi tali l’Apostolo gemendo dice: Tutti infatti cercano il proprio interesse, non quello di Gesù Cristo (Fil 2.21). Anche questi tali salutavano, cioè annunciavano la salvezza, predicavano il Vangelo, ma ricercavano altri vantaggi, e perciò salutavano occasionalmente.
Agostino, Discorsi 101.6, 9
Comportiamoci sempre come agnelli, secondo l’esempio, a imitazione, in rassomiglianza di Gesù; come lui, lasciamoci non soltanto tosare, ma anche sgozzare, senza lamentarci. Non solamente senza resistenza, ma anche senza lamento: non resistiamo al male, a chi ci percuote porgiamo l’altra guancia, a chi ci toglie il mantello non impediamo che ci prenda anche la tunica… Non stiamo a difendere né i nostri beni né la nostra vita, seguendo l’esempio di Nostro Signore Gesù che si lasciò prendere sia i primi che la seconda senza difenderli né con parole né con atti, muto dinanzi ai suoi giudici e non implorando affatto l’aiuto del Padre contro i suoi aggressori, ma null’altro chiedendogli che il loro perdono e la loro salvezza. (…) E dunque, quale pretesto abbiamo ancora per impedire che ci prendano tutto e che ci mettano a morte senza far resistenza e senza lamento, come Gesù, per non essere sempre e in tutto agnelli innocui, indifesi e muti come Gesù? C. de Foucauld, Opere Spirituali p. 198-9
… L’ammonimento di Gesù non può essere che l’invito ad attenersi alla sua Parola. Il discepolo rimanga lì, dove è la Parola, questa è vera prudenza e semplicità. Se la Parola deve cedere perché viene evidentemente respinta, il discepolo si allontani insieme alla Parola; se la Parola rimane nel combattimento aperto, anche il discepolo rimanga … Mai un discepolo per ‘prudenza’ si incammini per una via che non può sussistere di fronte alla Parola di Gesù.
D. Bonhoeffer, Sequela pp. 188-89
La missione della Chiesa si esplica attraverso un’azione tale per cui essa obbedendo all’ordine di Cristo e mossa dalla grazia e dalla carità dello Spirito Santo, si fa pienamente e attualmente presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l’esempio della vita, con la predicazione, con i sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà e alla pace di Cristo, rendendo loro facile e sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo. Poiché questa missione continua, sviluppando nel corso della storia la missione del Cristo, inviato appunto a portare la buona novella ai poveri, è necessario che la Chiesa, sempre sotto l’influsso dello Spirito di Cristo, segua la stessa strada seguita da Cristo, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte, da cui poi, risorgendo, uscì vincitore.
Conc. Vat. II, Ad Gentes 5
Tutti siamo chiamati da Dio. Vi ho chiamato per nome – ha detto Gesù – Mi appartenete. Non vi succederà niente di male. Il fuoco non vi divorerà. Vi affiderò paesi e nazioni. Siete preziosi ai miei occhi io vi Amo. Dio vi manda perchè siate tenerezza e amore per i suoi. Se amate Cristo, vi sarà facile appartenere completamente a Gesù e darlo a ogni persona che incontrerete.
Madre Teresa di Calcutta
Finché siamo agnelli, vinciamo. Se diventiamo lupi, veniamo vinti, perché ci manca allora l’aiuto del Pastore, il quale pasce agnelli, non lupi.
San Giovanni Crisostomo
Al discepolo è stato affidato un compito, non garantito il successo.
Bruno Maggioni
Ognuno di noi è l’aratore di se stesso: possiede come terra la propria anima che rinnova continuamente con l’aratro della ragione condotto da buoi che cominciano la loro fatica partendo dalla Scrittura che è perfetta e pura. Egli rinnoverà allora la sua anima fatta vecchia dalla pigrizia che l’ha dominata per tutta la sua vita passata, pigrizia che produce in abbondanza opere sterili e malvagie; e una volta estirpata tutta questa vegetazione con l’aratro della Parola, e dopo aver lasciato la sua anima in riposo, vi seminerà i semi della Legge, dei Profeti, del Vangelo, prendendoli dai divini insegnamenti: ciò che avviene quando si meditano nella propria memoria i passi della Scrittura e quando ci si impone di mettere in pratica la Parola di Dio. Per questo Dio, creatore di tutte le cose, dice ugualmente per bocca di Geremia: Rinnovate la vostra terra con nuove arature e non buttate il vostro seme tra le spine (Ger 4.3). Non basta aver ricevuto una semenza divina per produrre frutti, bisogna prima purificare interamente la nostra anima, liberarla da tutte le passioni, da ogni pensiero legato alla vita terrena e dai piaceri.
Origene, Comm. a Luca fr. 68
Andare a Gerusalemme in pellegrinaggio è quanto ogni pio israelita compiva in occasione delle grandi feste, per cercare la presenza di Dio, la pienezza della vita. Nel tempio di Gerusalemme l’israelita entra a contatto con la sorgente della vita (cfr Sal 62). Nella casa del Signore egli trova la pace con tutto quello che rappresenta al comunione con Dio e con i fratelli, la serenità della vita quotidiana. E questo vale davvero per Gesù: quando dice che doveva andare a Gerusalemme è esattamente per compiere la volontà del Padre e riannodare strettamente quel legame di comunione che lo unisce al Padre. (…) Il pellegrinaggio verso la vita contiene la sofferenza e la morte … Più avanti Gesù spiegherà che la sua sofferenza e morte sono il cammino del riscatto e quindi della salvezza degli uomini dalla condizione di peccato in cui si trovano. Ora dice semplicemente che questa è la volontà del Padre, e che a essa lui liberamente si sottomette, e che quindi anche i discepoli devono accettare questo misterioso cammino di Gesù.
L. Monari, Gesù edifica la sua comunità p. 29
Quelli che non seguono soltanto Gesù, senza girare indietro la testa, senza guardare nient’altro che lui solo, Gesù li chiama morti, tanto sono lontani dalla verità, tanto sono lontani dalla vera via! … Tutto per Me, tutto in vista di Me: l’albero deve fruttificare per il suo padrone, la creatura deve dedicarsi al suo creatore; i doveri che ha verso le altre creature e verso se stessa non sono doveri che per volontà del creatore, essa deve compierli solamente per il suo creatore, solamente quando il suo creatore vuole che li compia, solamente in vista di Lui e nella misura in cui egli lo vuole … Chi non fa tutto in vista di Dio, chi non segue Gesù guardando unicamente a lui, chi ha uno sguardo verso le creature è morto.
C. de Foucauld, Opere Spirituali pp. 233-4
Quando si è visto una sola volta lo splendore della felicità sul viso di una persona che si ama, si sa che per un uomo non ci può essere altra vocazione che suscitare questa luce sui visi che lo circondano.
A. Camus
La vocazione cristiana è rinuncia e distacco: distacco dai beni materiali, da affetti troppo incombenti e da indecisioni e superficialità.
Gianfranco Ravasi
Sforzati anche tu di essere pietra. Cercala in te questa pietra, non al di fuori di te. La tua pietra è la tua azione, la tua pietra è il tuo spirito. Sopra questa pietra si costruisce la tua casa, in modo che nessuna tempesta, scatenata dagli spiriti malvagi, possa rovesciarla. La tua pietra è la fede, e la fede è il fondamento della Chiesa. Se tu sarai pietra, sarai nella Chiesa, perché la Chiesa poggia sulla pietra. Se sarai nella Chiesa le porte dell’inferno non prevarranno contro di te. Le porte dell’inferno sono le porte della morte, e queste non possono essere le porte della Chiesa.
Ambrogio, Comm. a Luca 6.98
Ora incomincio ad essere un discepolo. Nulla di visibile e di invisibile abbia invidia perché io raggiungo Cristo. Il fuoco, la croce, le belve, le lacerazioni, gli strappi, le slogature delle ossa, le mutilazioni delle membra, il pestaggio di tutto il corpo, i malvagi tormenti del diavolo vengano su di me, perché io voglio solo trovare Gesù Cristo. Nulla mi gioverebbero le lusinghe del mondo e tutti i regni di questo secolo. È bello per me morire in Cristo Gesù più che regnare sino ai confini della terra. Cerco quello che è morto per noi; voglio quello che è risorto per noi. Il mio rinascere è vicino. Perdonatemi, fratelli.(…) Lasciate che io sia imitatore della passione del mio Dio.
Ignazio di Antiochia, Ai Romani 5.3-6.3
Uno non deve mai amarsi al punto da evitare ogni possibile rischio di morte che la storia gli pone davanti. Chi cerca in tutti i modi di evitare un simile pericolo, ha già perso la propria vita.
Mons. Oscar Arnulfo Romero
Ogni giorno, sovente e nei momenti difficili fissa il tuo sguardo sul Crocifisso, immerso nella estrema povertà, nelle più grandi sofferenze e disprezzato da tutti, e impara ad imitare Gesù nudo, in tante tribolazioni e deriso… Quanto più avrai sofferto nel breve istante di questa vita, tanto maggiore sarà la gloria che avrai in paradiso.
dagli Scritti di San Massimiliano Kolbe
Il Signore ce l’ha detto chiaro: Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Ora, rinnegare se stesso e prendere la propria croce, è tagliare in tutto la propria volontà e non avere nessuna stima di sé. Dalle Lettere di Barsanufio e Giovanni di Gaza.
Lettera 257. A Doroteo.
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Solesme,1972,203‑204.
Ormai è tempo ‑ dice la Sapienza – che se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua! Sappi che tale devota imitazione mi sarà accetta come se tu avessi perseverato con me e fossi morto insieme con me allora morente. Sarà questa la croce che devi portare, se vuoi essere mio amante. Impara a ricevere derisioni e calunnie come premio dei tuoi atti di virtù e d’obbedienza; impara ad apparire vile e disprezzabile senza che si sospetti quanta pazienza o grazia divina stiano alla radice di tale atteggiamento; impara a passare per incapace o per scemo quando penseranno che, pur volendo vendicarti, non osi o non sai farlo; impara a sopportare ciò con pazienza e volentieri per Dio, come meglio puoi, impara a pregare per i nemici e a scusarli, raccomandandoli presso di me. Impara a vincerti in questa lotta trafiggente a imitazione e gloria del Crocifisso. Ogni volta che avrai fatto questo tu renderai attuale la morte del Signore e imprimerai in te l’immagine del Crocifisso.
Da “Il libretto dell’eterna Sapienza”
di Enrico Susone
Cap.17. 0pere, Pao1ine, A1ba, 1971, 314.
La croce è la solidarietà di Dio, che assume il cammino e il dolore umano, non per renderlo eterno, ma per sopprimerlo. La maniera con cui vuole sopprimerlo non è attraverso la forza né col dominio, ma per la via dell’amore. Cristo predicò e visse questa nuova dimensione. La paura della morte non lo fece desistere dal suo progetto di amore. L’amore è più forte della morte. In mille modi siamo oppressi, ma non ci abbattiamo; ci troviamo nelle angustie, ma non ci disperiamo, perseguitati ma non abbandonati, abbattuti ma non annichiliti, morti ed ecco che viviamo, tristi ed ecco ci rallegriamo, poveri ma arricchiamo molti, nulla avendo e tutto possedendo.
P. Ezechiele Ramin
… debbo rientrare in me stesso e prendere coscienza di una impellente necessità di cambiare stile di vita. Non per inventare cose particolarmente originali. Ma debbo cominciare. Sarei tentato di partire dalle cose esterne, quelle che si vedono, che sono anche quelle meno impegnative. È dal cuore che debbo partire, Signore, poi dalla mente, cercando il distacco da me stesso, dopo che ho capito che Tu mi dici di seguirTi lasciando perdere il resto. Per arrivare a capire che Tu mi porti agli altri, alle persone, là dove Tu sei. Non è vero che la Tua croce è esattamente quella dei poveri, che se io scopro i poveri ho trovato Te e che i poveri mi devono portare a Te e Tu ai poveri? È un giochetto tutto sommato abbastanza semplice, quasi ovvio.
L. Guglielmi, in Don Gigi, una storia incompiuta p. 207